Ci sono alcuni libri che andrebbero letti in momenti diversi della propria esistenza, perchè solo così è possibile apprezzarne i vari aspetti e le sfumature. Penso alle letture che spesso ci sono propinate negli anni dell’obbligo scolastico. Libri che fatichiamo a leggere perchè imposti, riletti in età più adulta diventano dei capolavori assoluti. Mi è successo, ad esempio, con la Divina Commedia, di cui per lungo tempo ho faticato a decifrare linguaggio e significato. E con i libri di avventura, che sono spesso categorizzati alla voce “Libri per ragazzi“, ma che in realtà appassionano lettori di tutte le età.
Arthur Gordon Pym era sepolto in un angolo remoto della mia memoria. Lo avevo chiuso in uno di quei cassetti immaginari, dove sono riposti i ricordi sbiaditi e impolverati. Non ricordo esattamente quando ho incontrato per la prima volta Pym, ma è probabile che si trattasse di una di quelle letture estive, affrontate, all’epoca, in maniera distratta e svogliata. Di Edgar Allan Poe avevo letto il Pozzo e il Pendolo, perciò il suo nome mi incuteva un certo timore.
Qualche settimana fa, riordinando la libreria di casa, ho ritrovato un’edizione vecchissima del libro, con la copertina sbiadita dal tempo. Il sottotitolo al libro recita “Magie e misteri di una vita spericolata”. Ho letto velocemente il trafiletto della quarta di copertina e, improvvisamente, quel cassetto si è aperto per metà, facendo riaffiorare alla mente i ricordi di un’epica impresa. Complice il momento di semi – libertà che stiamo vivendo e la voglia di viaggiare verso mete lontane almeno con la fantasia, non mi ci è voluto molto per decidere di rileggere quel libro.
Le Avventure di Arthur Gordon Pym: da Nantucket ai Mari del Sud
Tutto comincia a Nantucket. In questa piccola isola al largo della penisola di Cape Cod, in Massachusetts, un tempo sede della flotta baleniera più grande degli Stati Uniti, ha inizio l’avventura di Arthur Gordon Pym e del suo fedele amico Augustus.
I due giovani avevano già sfidato la sorte, in una bravata notturna a bordo di una nave. Una violenta burrasca li aveva sorpresi sbronzi e sprovveduti a cercare di salvarsi la vita. Solo l’intervento provvidenziale della baleniera Penguin aveva evitato che i due avventurieri morissero sfracellati dalla violenza delle onde.
Quell’impresa non aveva placato la sete di avventura di Arthur e Augustus. Così, all’alba del giugno del 1827, Arthur sale clandestinamente a bordo della baleniera Grampus, comandata dal capitano Barnard, di cui Augustus è il figlio. Quest’ultimo organizza il nascondiglio del suo amico nella stiva della nave, fornendolo di cibo e acqua per il tempo ipotizzato di clandestinità. Il piano prevede che appena la nave si sia sufficientemente allontanata dalla costa, Arthur possa uscire allo scoperto.
Ma la situazione non va secondo i piani. A questo punto inizia una serie di mirabolanti avventure, resa in un fiume di parole che la penna di Edgar Allan Poe ha saputo trasformare in immagini vivide e che, stavolta, non vanno a riempire un angolo remoto della memoria, ma vanno a fissarsi indelebili nella mente.
Ammutinamenti, pirati, il salvataggio della nave Jane Guy, isole misteriose e l’incontro con tribù indigene che articolano strani suoni e hanno usanze “particolari”. Un viaggio verso i mari antartici, verso terre allora ancora sconosciute. Un ritmo incalzante in cui si susseguono eventi violenti, lotte per la sopravvivenza, fatiche immani e immagini che difficilmente si riesce a distinguere se appartengano alla sfera onirica o a quella della realtà.
Il genio di Edgar Allan Poe
Le Avventure di Arthur Gordon Pym è un’opera che ha dato adito alle più svariate interpretazioni. Dal semplice romanzo d’avventura a quello psicologico. Ciò che è certo è che questo sia un romanzo unico nel suo genere, ricco di messaggi e simbolismi.
Pym rappresenta quella sete di conoscenza che da sempre accompagna l’uomo. Il viaggio verso i Mari del Sud è anche un percorso interiore: una prova continua che ci spinge a dirigerci verso l’ignoto, guidati talvolta dalla razionalità, altre dall’istinto. Quell’irrefrenabile voglia di “camminare” di cui più tardi ci parlerà Bruce Chatwin.
Questo è uno di quei libri che vorresti non finissero mai. Mentre scorrono le righe, nella mente si disegna la rotta del viaggio di Arthur Gordon Pym e di Peters, l’unico marinaio sopravvissuto con lui a quest’impresa. Dalle coste del Massachusetts, questo epico viaggio raggiunge le coste del Brasile, per poi avventurarsi nei territori australi delle Prince Edward Islands, delle Ile de la Possession e delle Isole Kerguelen. Un’inversione di rotta porta i due avventurieri a Tristan da Cunha, un remoto arcipelago sperduto nell’oceano, a 300 km da Città del Capo. Da qui il viaggio prosegue in territori sconosciuti, che tanti esploratori dell’epoca avevano cercato di indagare.
E’ proprio nel finale, a mio parere, che Edgar Allan Poe compie un’impresa straordinaria. Una misteriosa figura bianca avvolta in un sudario appare a Pym. Un’enigma irrisolto lascia il lettore col fiato sospeso, proprio come il mistero dell’esistenza.